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Il nome di Charles Darwin lo conosciamo tutti. Lui e Alfred R. Wallace elaborarono nel 1859 la teoria dell’evoluzione che sconvolse il mondo scientifico e culturale dell’epoca, ponendo le basi di come noi oggi interpretiamo il mondo naturale e la sua biodiversità.
Non che questa conoscenza abbia permesso alla nostra società “evoluta” di essere migliore e in sintonia con la natura. No, direi di no, è evidente.
Però ci ha permesso di capire che il mondo circostante è retto da un complesso di relazioni, attraverso cui “l’altro da noi” mette in campo innumerevoli strategie per “andare e moltiplicarsi”.
Il mimetismo è senza dubbio una di queste strategie, una di quelle che più ci affascinano.
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Polystes dominula - Foto di Nicola Centenaro - Flickr Creative Commons
Perché una parte di animali e piante si sono evoluti per nascondersi, per attirare altri animali per scopi egoistici ma innocui oppure dall’esito fatale, o ancora per camuffarsi con la “pelle del lupo” senza essere altrettanto pericolosi?
Come avranno fatto a perfezionare forma, colore e comportamento in rapporto con altre specie?
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Un Coleottero Cerambicide, il Clytus arietis su _Ranunculus sp.
Foto di Gailhampshire - Flickr Creative Commons
Il mimetismo è ideale per descrivere la teoria dell’evoluzione: il mimo ha successo se imita alla perfezione il suo modello, poiché ogni variazione sul tema verrà eliminata dai predatori che individueranno l’inganno, o dalle prede, che scopriranno il loro carnefice.
Quindi più il sirfide Myathropa florea assomiglierà a un’ape, nel colore e nel comportamento, più i suoi potenziali predatori lo eviteranno e gli permetteranno di sopravvivere.
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Il Dittero Sirfide Myathropa florea - Foto di Line Sabroe - Flickr Creative Commons
Un altro esempio di mimetismo, quello dello “scarabeo ape” di cui ho parlato nel mio blog https://www.lookingaround.it/2020/04/24/l-ape-scarabeo-o-lo-scarabeo-ape/ conferma come insetti innocui abbiano una livrea che ricorda specie molto più pericolose, come le vespe i bombi e i calabroni, dei quali più di un uccello predatore teme le punture.
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Il coleottero Trichius gallicus/sexsualis - Foto di Lelio Giraudo
Forse hai già sentito parlare di mimetismo batesiano: in genere il modello da imitare è pericoloso o temuto, mentre il mimo è indifeso.
Fu Henry W. Bates nel 1862 che, studiando i Pieridi brasiliani, una famiglia di Lepidotteri presente anche qui in Europa, presentò alla comunità scientifica questo meccanismo.
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Dittero Sirfide Sphaerophoria sp. su margherita - Foto di Sabrina Campagna - Flickr Creative Commons
A fianco di questa strategia ce n’è un’altra non meno importante: gli insetti o gli animali pericolosi sono spesso colorati con strie nere e gialle o altri colori fanerici, ovvero evidenti. Pensiamo alla salamandra.
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Salamandra salamandra - Foto di Antje Shultner - Flickr Creative Commons
Ebbene, su questo aspetto lavorò invece Franz Müller una decina di anni dopo Bates: se api, vespe e calabroni sono pericolosi e si assomigliano, se quindi il loro segnale diventa univoco, diviene facilmente comprensibile a eventuali predatori.
Una singola esperienza negativa, poniamo ad opera di un giovane passeriforme, sarà sufficiente affinché tutti gli insetti così colorati vengano evitati. Una minima perdita con il massimo risultato, a vantaggio di tutti.
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Il Dittero Sirfide Myathropa florea - Foto di Line Sabroe - Flickr Creative Commons
Credo sia interessare considerare come il mimetismo fanerico, oltre a favorire imenotteri, ditteri e coleotteri, fa il gioco anche dei fiori a impollinazione entomofila: più insetti, più probabilità di impollinazione. Tutto è legato allo stesso filo.
Ma mentre vespe e calabroni e i loro mimi usano la loro livrea per difendersi passivamente, altre specie hanno evoluto forme di mimetismo alternative, in questo caso aggressive.
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Femmina di Thomisus onustus ha predato un'ape su un papavero- Foto di Luca Giraudo
Il passare inosservati su un fiore, mentre si attende il momento buono per colpire, è un gran vantaggio per un predatore.
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Femmina di Thomisus onustus su scabiosa - Foto di Lelio Giraudo
E così alcune specie di ragni, fra tutti i Tomisidi o ragni granchio, hanno sviluppato questa straordinaria capacità che, oltretutto, può essere adattata a differenti tipi di fiori: le femmine di Thomisus onustus possono cambiare la loro livrea da bianca, che è il colore base, a gialla e poi eventualmente rosa e attendere su scabiose, orchidee ed epilobi le loro ignare prede.
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Femmina di Thomisus onustus su margerita - Foto di Lelio Giraudo
Misumena vatia può invece passare dal bianco al giallo, colori adatti a margherite, seneci, ranuncoli. E’ ovviamente la vista che comanda il loro processo di mimesi.
Per fare ciò impiegano diversi giorni, poiché il meccanismo è legato ad un pigmento giallo o rosa che viene diffuso nelle cellule superficiali, mentre il bianco è dovuto al riassorbimento del pigmento.
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Femmina di Misumena vatia su ombrellifera - Foto di Lelio Giraudo
Forse a questo punto starai pensando al camaleonte. Ti dico però che non si tratta dello stesso meccanismo, perché in questo caso la differenza di colorazione è dovuta ad una modifica repentina della struttura delle cellule epiteliali, che rifraggono o assorbono la luce in modo differente. Eccezionale davvero.
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camaleonte - Foto di Massimo Vitellino - Flickr Creative Commons
Torniamo ai nostri ragni.
Un bel prato di erbe e fiori. La femmina attende immobile sui petali del senecio giallo. Un sirfide si avvicina e si posa sul capolino di fiori. Una frazione di secondo. Il ragno attacca inoculando il veleno nella “nuca”.
L'insetto è spacciato.
E se fosse stata un'ape sarebbe stato lo stesso. Qui il mimetismo di Bates non serve...
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Femmina di Thomisus onustus ha predato un sirfide Myathropa florea su senecio- Foto di Lelio Giraudo
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Femmina di Thomisus onustus su margerita - Foto di Lelio Giraudo
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Femmina di Thomisus onustus in attesa su scabiosa- Foto di Lelio Giraudo
Se la velocità di reazione è tutto, o quasi, come non citare la mantide? Adotta anch’essa mimetismo e immobilità per cacciare, e come il ragno gioca sulla prontezza di riflessi.
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Neanide di mantide - Foto di Rainy City - Flickr Creative Commons
Tuttavia lei non è in grado di cambiare la sua colorazione, sebbene alcune specie tropicali, come Idolomantis diabolica (che nome!) possano mettere in evidenza macchie di colore che le fanno assomigliare a fiori e così attirare direttamente le loro prede.
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Idolomantis diabolica- Foto di Scott Thompson - Flickr Creative Commons
Furono G. e E. Peckham, fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 che studiarono questo tipo di mimetismo, detto criptico, opposto a quello fanerico dei primi due casi di cui ti ho parlato.
Scomparire, quindi. Come fanno ad esempio molte falene, che tendono a posarsi su superfici simili alla loro colorazione, su cui si camuffano alla perfezione. E i loro bruchi? Assomigliano a rametti.
Immobili per non essere divorati, perché gli occhi dei predatori sono spesso adatti a scorgere il movimento, proprio come i nostri.
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Geometride Alcis repandata - Foto di Ana Rita Gonçalves - Flickr Creative Commons
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Bruco di Geometride Alcis repandata - Foto di Richard - Flickr Creative Commons
E che dire dei gufi, dei succiacapre e di molte anatre? Anche questi animali usano strategie legate al mimetismo; un altro capitolo, di cui vorrei raccontarti, in una prossima occasione.
Assomigliare a un insetto pericoloso, un fiore, una pianta o una corteccia senza essere nulla di tutto ciò.
L’inganno è parte della natura e dunque potremmo parafrasare Amleto: “Essere o apparire? Questo è il dilemma!” Io aggiungerei "E' un’opportunità!"
Per approfondire, qualche libro interessante:
W. Wickler. Mimetismo animale e vegetale, Franco Muzzio Editore 1991
H. Bellmann, Guida ai ragni d’Europa, Ricca Editore 2011
D. Mainardi et al, Dizionario di etologia, Einaudi 1992
Qualche video?
https://www.youtube.com/watch?v=dZM4IfdjNV4
https://www.youtube.com/watch?v=-wddVHf6NOI
https://www.youtube.com/watch?v=Os3OBJSlpUc
E sulla rete cosa si può trovare?
https://it.wikipedia.org/wiki/Mimetismo
https://it.qwe.wiki/wiki/Aggressive_mimicry
https://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Russel_Wallace
https://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Darwin
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