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L'ABETE, UN SIMBOLO ANTICO


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Da molti anni frequento le montagne cuneesi e, soprattutto, le colline bovesane: ho iniziato in modo consapevole nei primi anni '80, quando ero ragazzo, scoprendo luoghi nuovi e per me ancora misteriosi.

 

Ho girato molte vallate alpine alla scoperta della loro parte "antropizzata", quella che un tempo era fortemente abitata. Borgate, sentieri antichi, terrazzamenti, boschi e foreste secondarie, pascoli e coltivazioni un tempo curati.

 

Fra tutte le cose che ho scoperto, una mi è saltata all'occhio, osservando d'inverno un bosco d'invasione composto da frassini, aceri e betulle, le nostre specie pioniere.

 

In mezzo, sovente, svettava con il suo colore verde scuro un abete rosso isolato. E poco distante, pochi metri intendo, una casa, una borgata invase dalla vegetazione, abbandonate oggi ma abitate un tempo.

 

L'abete simbolo di presidio? Perché l'abete? Certamente un albero, un simbolo, ma quale?

 

Sono andato a cercare fra i libri e non solo e ho scoperto che nell'antichità l'abete rosso era considerato l'albero della luce, che ritorna dopo il buio dell'inverno, della vita che non si interrompe mai, l'albero che collega le viscere della terra alle più alte misteriose forze celesti.

 

Ecco perché parlo dell'abete oggi, 21 dicembre, giorno del solstizio d'inverno.

 

L'abete non perde mai la sue foglie e rimane sempre verde, sempre vivo. Questa la sua forza simbolica per popolazioni molto radicate nella natura.

 

Ma tutto questo per i nostri antenati, non più per noi. O meglio, non più per noi perché abbiamo perso le radici dei nostri simboli.

 

Sappiamo che ben prima che arrivassero i Romani e poi il cristianesimo, nelle nostre vallate abitavano i Celto-Liguri, popolazioni di origine indoeuropea, stanziatisi nell'area intorno alle sorgenti del Danubio fra le Età del Bronzo e del Ferro.

 

Popolazioni per le quali il bosco, e l'albero, avevano un enorme valore simbolico e religioso, nonché economico. Pensiamo ai druidi, sapienti sciamani che conoscevano le proprietà delle erbe e della piante e che affidavano ad ogni albero, ad ogni specie, un nome ma anche un ruolo, un simbolo. Il bosco era sacro.

 

Conoscenza e religiosità che probabilmente erano molto radicate quando arrivarono i Romani e poi i primi Cristiani.

 

Non per nulla l'abete e la sua potente simbologia vengono ripresi dal Cristianesimo, e vengono associati al Natale, la nascita di Cristo, che è la luce. Ma che è anche, nel significato arcaico, la festa del ritorno della vita.

 

Immagino le nostre valli abitate da rudi montanari, conquistati dai Romani ma le cui credenze non furono mai messe completamente in crisi.

 

Immagino i primi cristiani che si adoperano per convertire i pagani alla nuova religione e per far questo cercano di sincretizzare antichi simboli con i nuovi, le antiche e radicate credenze con la nuova parola.

 

Ma torniamo a oggi.

 

L'abete rosso rimane, sentinella di miti antichi, ripetuti nei millenni e di cui, da molto tempo, abbiamo perso il significato primitivo e ne abbiamo aggiunti altri.

 

Albero simbolo di fortuna, di luce e di vita, ieri. Che testimonia, se vogliamo, le aspettative che l'uomo montanaro aveva piantandolo vicino alle proprie abitazioni, officiando così un antico rito pagano.

 

Oggi è il nostro albero di Natale, per i cristiani la festa della vita e della luce. Appunto.

 

P.S.

Riflessioni e qualche spunto ulteriore li puoi trovare qui.

 


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foto Laurent Carré 2014

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Luca Francesco Maria Giraudo

 

Ornitologo - International Mountain Leader - Accompagnateur en Montagne BE France - Accompagnatore  Naturalistico Regione Piemonte - Accompagnatore Turistico - Istruttore nazionale Nordic Walking SINW

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 Ultimo aggiornamento: 7 novembre 2024